2017-05-02

Recensione: "Chi sta male non lo dice" di Antonio Dikele Distefano

"Chi sta male non lo dice"
di Antonio Dikele Distefano
(versione cartacea)
 
 
Ciao adorati lettori e bentornati sul mio blog!
Mi scuso per l'assenza costante sulla piattaforma, ma purtroppo continuo ad essere sommersa di verifiche, interrogazioni, progetti e quant'altro e il tempo per leggere, aimè, è davvero pochissimo...ma qualche oretta per leggere cerco di trovarla sempre.
Esiste l'astinenza dai libri e dal loro odore? Penso proprio di si, perché mi sembra di non star più vivendo senza le mie adorate letture e numerose vite parallele!
Le poche orette di relax mi hanno permesso di terminare la lettura dell'ultimo capolavoro di uno tra i miei scrittori preferiti e, perciò, eccomi qui con una nuovissima recensione.
Oggi vi parlo della mia ultima lettura, un romanzo che narra di come una persona possa dipendere completamente da un'altra o, talvolta, da una sostanza stupefacente, che rappresenta la sua unica certezza in una vita incerta, il tutto rilegato dalla casa editrice Mondadori. All'interno del libro cartaceo è stata aggiunta una terza e ultima parte, rispetto alla precedente versione solo digitale (recensione qui): "Chi sta male non lo dice" di Antonio Dikele Distefano.
 
LA COPERTINA
 
 
La copertina è bellissima, ma molto malinconica.
L'autore, in uno dei suoi numerosi post sul social di Instagram, ha dichiarato che questa copertina ha vari significati e uno di questi è: "in mezzo al mare pesa di meno la pioggia".
Leggendo il libro si capisce a pieno il perché di questa immagine: il protagonista maschile, Yannick, quando sta male si rifugia per ore al mare lasciandosi cullare dalle braccia avvolgenti delle onde. Yannick dice che l'acqua rilascia delle sostanze che danno una sensazione di benessere e felicità. Così, in bici, con il peso dei dolori, si reca sulla spiaggia, si sfila solamente la maglietta ed entra in acqua. Il mare è calmo, le onde lambiscono la spiaggia e poi si ritraggono con regolarità, senza troppo rumore. Yannick tiene gli occhi chiusi, le braccia distese e le gambe divaricate, mentre tenta di stare a galla per ore, fino a che l'acqua non trascina altrove i suoi pensieri cupi e non lo lascia più leggero e svuotato.
Il mare, oltre che simboleggiare un porto sicuro per Yannick, è anche il luogo dove conserva i suoi momenti più belli, non ricordi ma momenti, perché i ricordi appartengono al passato mentre i momenti rimangono vivi in noi e sono fatti di noi.
Il mare gli ricorda il giorno del suo tredicesimo compleanno, quando il padre lo portò in spiaggia e Yannick nuotò per la prima volta: quello fu il suo momento più bello, le ore passavano felici come secondi, le ultime ore in compagnia di suo papà, prima che l'uomo abbandonasse la famiglia alla ricerca di un qualcosa con la Q maiuscola.
Il mare gli ricorda la sua prima vacanza da solo, con gli amici, a Cattolica, quando ebbe la piena consapevolezza di voler essere in qualsiasi altro posto, tranne dove si sarebbe trovato in qualsiasi momento.
Il mare, che allevia le ferite, aiutandone la cicatrizzazione.
Personalmente, adoro la copertina e i molteplici significati che essa cela.
Antonio è uno di quei pochi scrittori che ha conferito così tanta importanza alla copertina del suo libro, il che non è da poco.
 
LA TRAMA
Questa è la storia di Yannick e Ifem, la storia di due ragazzi. Di mancanze, assenze, abbandoni, di come è difficile credere nella vita quando questa ti toglie più di quanto ti dà.
Una storia iniziata in un quartiere dove a cadere a pezzi sono le persone prive di impalcature, schiave delle condizioni economiche al punto di attaccarsi al lavoro rinunciando così alla vita. Dove chi non ci riesce beve fino ad annullarsi e alza le mani sui figli e sulla moglie dietro imposte serrate. Dove la gente sa e non fa nulla. Perché addosso hanno tutti l'odore dei poveri e le scarpe consumate di chi è abituato a frenare in bici coi talloni.
Una storia di sogni infranti che i figli ereditano dai genitori, partiti dall'Africa per "na Poto", l'Europa, senza sapere che questo paese non è pronto ai loro tratti del viso né preparato a sostenere le loro ambizioni. Basta avere la pelle un po' più scura per essere preso di mira, il taglio degli occhi diverso per sentirsi intruso, un cognome con troppe consonanti per sentirsi gli sguardi addosso.
In questa desolazione, Ifem prova a colmare il vuoto che la mangia da dentro con l'amore.
Quello per Yannick. Un ragazzo che sembra inarrestabile,
Ma pian piano quell'amore, come tutto attorno a lei, svanisce. Ne rimane solo n'ombra sottile nelle linee immaginarie che lei traccia sulle labbra di lui mentre dorme. Uno dei pochi momenti in cui Yannick sembra quieto. Perché a fermare la sua corsa è la cocaina.
Iniziata per noia, quasi per caso, perché lui è cresciuto in un quartiere popolare dove tutti almeno una volta hanno provato, anche i preti.
E perché per un attimo quella polvere bianca riempie qualsiasi vuoto, ti fa sentire come avessi dentro tutto il ferro della Torre Eiffel, ma poi si porta via tutto.
"Chi sta male non lo dice" non è però solo un pugno nello stomaco, è soprattutto la storia di come i fiori spuntano anche nel cemento. Di come c'è sempre un modo per salvarsi, l'importante è non rinunciare, non smettere mai di amare la vita.
 
 
IL LIBRO
Versione cartacea: 162 pagine, €12.00
Versione digitale: 162 pagine, €4.99 (versione aggiornata, include anche la terza ed ultima parte del racconto, inedita)
Casa editrice: Mondadori
Autore: Antonio Dikele Distefano
Narratore: interno e doppio, Ifem (prima e seconda parte) & Yannick (terza parte)
Capitoli: prima parte, seconda parte e terza parte
Scrittura: Corretta dal punto di vista grammaticale e sintattico.
Sono veramente pochi i libri di autori italiani che ho letto e apprezzato e questo è uno di quelli.
Antonio Dikele Distefano è riuscito perfettamente a calarsi nei panni di due persone diametralmente opposte, ma al tempo stesso identiche. Cambiano le loro dipendenze, il loro pensiero, il modo di fare, di agire e la loro vita, ma i futuri incerti, la malinconia incessante e costante e il fatto di essere dipendenti da qualcosa o da qualcuno sono i medesimi.
Lo scrittore è riuscito a imprigionare tra queste pagine la speranza che gli stranieri ripongono nell'Europa, in particolare sull'affidamento che ripongono nei riguardi dell'Italia, il problema dell'integrazione sociale e umana da sempre esistente nel nostro Paese, le difficoltà economiche in cui versano molti residenti italiani, le dipendenze che irrimediabilmente si acquisiscono o per affetto o per appartenenza di ceto sociale e quartiere e i molteplici significati di amore, a iniziare da quel sentimento di affetto incondizionato che ognuno di noi dovrebbe provare per se stesso.
Si tratta di una storia di vita e d'amore molto malinconica, paragonabile ad un pugno in pieno stomaco, ma al tempo stesso di una rinascita interiore che solo a seguito di un'enorme sofferenza si riesce a intraprendere.
Gli argomenti affrontati sono quindi molteplici, di spessore e ho apprezzato particolarmente il modo in cui Antonio ha deciso di maneggiarli ed esporli.
Questo è uno di quei pochi libri che durante la lettura mi ha lasciata senza respiro, obbligandomi talvolta a chiuderlo, a sfuggire dalle sue pagine e a riflettere.
 
LA RECENSIONE
"Chi sta male non lo dice" è consigliato a chiunque, perché, in fondo, ognuno di noi nasconde agli altri un malessere ormai radicato nel profondo e dal quale non si libererà mai, se non ignorandolo.
Questo libro è dedicato a chi ha voglia di addentrarsi tra le pagine di una storia d'amore anticonvenzionale, che supera ogni limite rompendo gli schemi e che è tutto, meno che semplice e romantica.
"Chi sta male non lo dice" è consigliato a chi ha vissuto o sta vivendo un momento difficile e vuole sentirsi compreso e, allo stesso tempo, ascoltato e ci metto la mia parola di lettrice compulsiva che questo libro è il più adatto.
Questo libro è dedicato alla vita che, anche se difficile, è meravigliosa.
 
I protagonisti di questa storia sono Ifem e Yannick, entrambi provenienti dall'Africa, da una famiglia che ha riposto ogni speranza, sogno e aspettativa nell'Italia, non consapevoli che questo Paese non è ancora pronto ai loro tratti, al loro taglio degli occhi, ai loro cognomi con troppe consonanti, al colore della loro pelle e al loro modo di pensare e di vivere, talvolta dipendenti da qualcosa o qualcuno.
Ifem è una ragazza proveniente dal Congo, orfana di madre, morta anni prima in un incidente stradale, poco dopo aver abbandonato il marito e la figlia, scendendo le scale di casa in lacrime e sussurrando alla figlia di contare sempre e solo su stessa.
Tutto ciò che le rimane è suo padre che ha smesso di comunicare, di vivere e di provare emozioni diverse dal rimorso e dalla tristezza più radicati e un mucchio di sogni e speranze infranti.
Yannick è un ragazzo proveniente anch'esso dal Congo, "orfano" di padre, che è uscito anni fa dalla sua vita facendo perdere ogni traccia di sé.
Tutto ciò che gli rimane è una madre delusa e che ha perso l'ultimo briciolo di fiducia che riponeva nella prole, un mucchio di sogni e speranze infranti e della polvere bianca, che per un breve lasso di tempo lo fa evadere da quel suo mondo grigio e da quel suo futuro incerto.
Ifem e Yannick si conoscono ad una delle numerose manifestazioni che si pongono come obbiettivi l'integrazione sociale e umana di quelle persone che giungono in Italia, da altri paesi, alla ricerca di una vita migliore, organizzate in piazza e alle quali aderiscono in pochissimi. Yannick è sul palco, con in mano il microfono, intento a proclamare i suoi ideali, quando i suoi occhi si incrociano con quelli di Ifem.
<<Forse cercando di prendermi in contropiede, con tono deciso mi chiedesti "non hai il ragazzo, vero? Sei così bella e sei single, perché?". Io replicai seria che non l'avevo mai avuto "perché c'è un abisso tra essere bella ed essere compresa".>>
Qualche giorno dopo la manifestazione, Yannick si avvicina a Ifem, iniziando a parlare e ignorano tutti, per un tempo sufficiente a capire che tra loro, se avessero voluto, sarebbe potuto accadere qualcosa.
Poco più in là si scambiano il primo bacio, dando inizio a quella che sarà una relazione straziante e intensa.
<<Molte volte parliamo del nostro passato e dei nostri problemi non per risolverli, ma solo perché abbiamo bisogno di sentirci ascoltati e compresi. E io volevo ascoltarti, volevo comprenderti.>>
Ifem sa cosa vuol dire essere da soli al mondo, senza nessuno su cui fare riferimento e cerca di dare a Yannick ciò che lei non ha mai ricevuto, con la speranza che anche lui possa fare lo stesso.
 
<<E io sinceramente spero ancora che tu possa insegnarmi che si può anche essere felici insieme a qualcuno.>>
Solo molto dopo si renderà conto che, in realtà, loro due erano solo il rimorso di ciò che non avevano fatto e che non avrebbero mai più potuto fare.
Quelle ferite procurate dalla sua relazione con Yannick non si sarebbero mai risanate, ma a volte l'amore è dolore e Ifem è decisa a combattere per l'unica persona che ama.
In una relazione, però, non si può combattere da soli, bisogna essere in due e non si possono combattere le battaglie al posto di un'altra persona, tanto meno le sue dipendenze.
<<Vivevo tantissime solitudini. Mi sentivo sola pur trovandomi in mezzo alla gente, quando ero l'unica a rimanere fino a tardi in piazza, mentre mangiavo leggendo un libro aspettando che arrivasse qualcuno o cambiasse qualcosa.
Tenevo conto delle parole in silenzio e nel profondo ci restavo male perché fregarsene è un modo di affrontare la vita che io non ho mai capito. Spesso ho detto " non me ne frega niente" quando non era vero, e rimanevo ferma a guardare fisso un punto lontano e quando spostavo lo sguardo speravo che poi gli occhi di chi mi aveva ferito fossero ancora lì, su di me. Spesso ho mentito a me stessa credendo di essere d'accordo con le decisioni che prendevo e quindi semplificavo immensi messaggi, abbracciavo con gli occhi e amavo in silenzio per paura che la risposta potesse essere un rifiuto.
Non volevo farmi del male e invece me ne facevo più di tutti.>>
Ifem si potrebbe definire la classica ragazza da parete, che vuole passare inosservata riuscendoci e che al tempo stesso vorrebbe urlare, ma rimane in silenzio, per paura di non essere ascoltata. Ifem attorno a se non ha dei muri, ma delle cancellate, è protetta e al tempo stesso esposta tra le inferiate, eppure nessuno ha mai provato a scavalcare l'enorme cancello e a sconvolgerle la vita e l'ordine che si è creata.
<<Dare troppo non è sbagliato, diventa un problema quando non otteniamo in cambio il sostegno per continuare a farlo.>>
Yannick si prende tutto di Ifem, lasciandola completamente sola e indifesa.
Yannick cerca Ifem solo quando ha bisogno del denaro necessario per comprarsi la dose, solo quando dopo essersi sballato pare prendere le sembianze dell'uomo che Ifem vuole al suo fianco, solo quando è in crisi di astinenza e lei è l'unica che riesce a tollerarlo.
Se vuoi l'arcobaleno prima devi sopportare la pioggia, no? Ma l'arcobaleno non giunge dopo ogni tempesta...
 
<<Tutti mi hanno sempre rimproverato qualcosa e io allora provavo a scendere a compromessi con me stesso limitando i lati di me che potevano risultare fastidiosi.
Ma era inutile perché ogni volta ne trovavano altri. Ho capito poi, dopo tanti tentativi, che non dovevo per forza cambiare me stesso, che sarei stato più felice se mi fossi scelto un po' di più, ogni tanto.>>
Yannick è finito per diventare ciò che più odia, eppure è tanto amato da Ifem, ma è troppo impegnato ad odiarsi e a torturarsi con quella polvere bianca per accorgersene.
<<Ti guardavo come si guarda qualcosa che si sa già che ci mancherà. Troppo esile e indeciso per durare. Un punto fermo che non c'è. Ti guardo come si guarda il tramonto, come quando per strada d'inverno si cerca il mare dal finestrino della macchina. Ti guardavo come si guarda un treno appena perso, sperando ancora che si fermi e che si aprano le porte. Ti guardavo non perché eri bello, non perché eri tutto, ma perché sentivo di avere molto di più. Ti guardavo perché non è vero che la felicità siamo noi stessi.>>
Ifem è consapevole del fatto che Yannick è sfuggente e privo di amore verso di lei, o meglio, privo di amore verso se stesso e verso qualsiasi altra persona, compresa lei.
<<La radice del tuo malessere era il risultato delle molteplici delusioni ricevute dai tuoi affetti importanti. Tu eri le foto che cancellavi, il sorriso nascosto dietro la mano messa davanti alla bocca.>>
Ifem è a conoscenza del perché Yannick sia quello che è, è diventato tutte le sue delusioni, eppure lei sa che il ragazzo che era prima è ancora in lui e vuole aiutarlo a tutti i costi, anche a costo di annullarsi.
<<Io da te non volevo nulla, o forse solo stare bene, nient'altro.
Non pretendevo che curassi le mie ferite e nemmeno che mi insegnassi che non ero capace di sentirmi viva da sola, che le storie d'amore non sono altro che storie di vita destinate a finire. Non volevo niente, perché quando mi sono aspettata qualcosa, la vita mi ha risposto "tanto non succederà", perché quando ho provato a essere felice, ho capito che mi sarebbe bastato solo stare meno male.>>
 
Yannick parlava tanto, ma Ifem si era fatta una promessa, di innamorarsi di chi mette in pratica ciò che dice, ma al cuore non si comanda...
<<L'errore sta nel non vedere nelle persone che sono solo persone.>>
<<Infelice, ma incapace di mettere un punto e andare a capo.>>
Ifem è fatta del suo dolore, vorrebbe dire che sta male mentre la sua voce dice "no niente". E' diventata così perché si è ripetuta che come stanno veramente le persone è qualcosa che la gente non prende nemmeno in considerazione.
<<Ho capito che non si può cambiare una persona con la sola forza dell'amore.>>
Yannick poco dopo finisce in una comunità, ridotto ormai sull'orlo del precipizio a causa della polvere bianca che prima lo faceva sentire sulla cima del mondo.
Ifem, capisce di doversi liberare, di dovere dar voce al suo bisogno di correre via e di ritrovare se stessa, così decide di andare in Congo, il Paese in cui è nata e che ora sente come casa sua, l'unico posto dove poter ricominciare da capo.
 
Yannick ha incominciato a sedici anni, perché quando tocchi il fondo e tutto quello che ti circonda fa schifo, l'unica cosa che ti resta è convincerti che è colpa degli altri, che non sei tu a essere debole ma che è il mondo a essere stato troppo crudele con te.
Vive in un quartiere popolare, dove a cadere a pezzi non sono solo gli edifici, ma anche le persone senza impalcature, quelle persone come lui ed i suoi amici, che cercarono di alleviare la paura di una vita di insoddisfazioni con delle canne e dopo con delle sostanze stupefacenti, di cui iniziarono a dipendere e dipendono tuttora.
Ma affidarsi ad una polvere bianca per alleviare il dolore corrisponde a non cambiare niente per paura, perché niente cambia se tu non cambi nulla.
<<E' da un po' che non sono più sicuro di niente, da un po' di tempo non voglio più essere un peso per nessuno, ma la leggerezza di cui avrei bisogno per poter riuscire a fare qualunque cosa contando solo sulle mie forze ancora oggi non mi appartiene.>>
Yannick non ha un bel rapporto con se stesso e nemmeno con le altre persone, deluso da suo padre, da sua madre, dalla sua ex ragazza e da se stesso, è deciso a non fare niente della sua vita, fino a quando ad uno dei tanti incontri per tossici dipendenti non incontra Alessandro, il fratello di un ragazzo che ha iniziato a fare affidamento sulla droga, proprio come Yannick, in seguito a numerose assenze e delusioni.
 
Una delle tante sere, tornando a casa, Yannick viene investito da un'ondata di ricordi dai quali cerca da sempre di sfuggire e succube di un attacco di panico corre per le vie desolate del quartiere, fino a quando non si accascia per terra, addormentandosi e venendo colto da una voce famigliare che gli domanda "Yannick, stai male?".
Perché non bisogna limitarsi a chiedere "come stai?" a chi si ama sul serio, perché chi sta male non lo dice.
 
LA MIA OPINIONE
"Chi sta male non lo dice" è un libro che mi ha regalato tanto.
E' uno di quei pochi libri in cui trovo conforto e ascolto.
 
Ammiro moltissimo Antonio e la sua capacità di scrivere frasi che, inevitabilmente, si cuciono alla perfezione su ogni lettore.
Gli argomenti affrontati sono molto delicati, profondi e complicati da esprimere, eppure lo scrittore ci riesce alla perfezione.
"Chi sta male non lo dice" è uno di quei libri difficili da descrivere e altrettanto da recensire.
 
"Chi sta male non lo dice" è numerose cose.
E' la storia di un amore tormentato, ma anche di come i fiori riescano a fiorire nel cemento, basta solo riuscire a trovare la forza in se stessi per rinascere e, solo dopo, trovare la felicità in compagnia di un'altra persona, perché in fondo la felicità è nascosta dentro ognuno di noi, dobbiamo solo trovarla e non nasconderla più per paura di perderla.
 
I miei complimenti ad Antonio, che ha avuto la capacità di scrivere un libro così bello e profondo, perché mai nessuna storia prima d'ora mi aveva indotto a fermarne la lettura per riordinare i pensieri e catalogare le varie emozioni contrastanti che delle letterine nere impresse su carta profumata mi hanno suscitato.
 
Non posso dire altro che: consiglio la lettura di "Chi sta male non lo dice" ad ogni lettore appassionato di storie d'amore anticonvenzionali e che non hanno un happy end, perché del resto la vita vera non è tutta rosa e fiori.
 
Ho adorato ogni singola pagina, anche se dopo averlo terminato ho dovuto combattere con una malinconia inspiegabile, ma, si c'è un ma, mi aspettavo di più dalla terza parte inedita e il finale è stato fin troppo crudele, lasciato a metà quasi, da qui la supposizione che si tratti di un libro autoconclusivo.
"Chi sta male non lo dice" è un romanzo d'amore con risvolti, a mio parere, autobiografici.
Un romanzo che narra della vita vera, per non dimenticare gli attuali problemi della società.
 
GIUDIZIO



La recensione è giunta al termine.
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Alla prossima recensione! :)
 

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