Bentornati nel fantastico mondo de Lamiavitasonoilibri! (:
Per compiere lunghi viaggi, talvolta, è sufficiente recarsi in un aeroporto e osservare attentamente gli addii fatti di abbracci, di lacrime trattenute o che rigano le guance e di mani che vengono agitate in aria poco prima di varcare la soglia dei controlli.
LA COPERTINA
Quando si arriva finalmente in aeroporto e manca poco al decollo, i battiti accelerano e le valigie giacciono dimenticate a terra come se quel momento tanto atteso non dovesse più giungere, costringendo il viaggiatore a mettere in pausa la sua quotidianità e ad abbracciare i propri cari.
Le lancette dell'orologio si muovono velocemente e tutto quel tempo perso prima di salire a bordo viene rimpianto, poiché poteva essere impiegato meglio, magari tra le braccia di chi abbiamo lasciato a terra alzandoci in volo...
LA TRAMA
Il tempo è il tema di questa raccolta che in tre sezioni ne esplora le molte sfumature.
Esso appare come un elemento relativo che si dilata, si comprime, e che soprattutto passa, in rapporto però allo spazio dentro al quale scorre: la dimensione del sogno e della realtà alternativa dei videogame, l’ambiente non cronologico del ricordo o della riflessione, sono contrapposti allo scandire alienante della vita vera, dove il tempo è percepito soprattutto come perdita.
Così il lettore procede fra giorni senza calendario o calendari appesi al muro per nasconderne le crepe; si riconosce fra ore piene e vuote, nei minuti precisi che occorrono per cucinare una pastasciutta che però risulta insipida.
Insieme alla giornata si rischia di perdere talvolta la strada o il senso di sé: scrivere è allora l'antidoto al disperdersi dei propri momenti, anche quando è soltanto esaurita la pila dell'orologio.
IL LIBRO
Data di uscita: 26 aprile 2021
Titolo: Il tempo perso in aeroporto
Autore: Lorenzo Foltran
Editore: Graphe.it Edizioni
Pagine: 102
Versione cartacea: €10,00
Versione digitale: -
Genere: antologia, raccolta organica di testi poetici
Scrittura: dal mio ultimo viaggio sono ormai trascorsi due anni, eppure ho sentito il rumore delle ruote di un trolley.
Il mio bagaglio è sempre pieno, Lorenzo Foltran mi ha aiutata a disfarlo per riporci il giusto indispensabile.
LA RECENSIONE
"Il tempo perso in aeroporto" è il nastro trasportatore di un aeroporto, sempre ingombro di valigie, di vita.
La vita, così come la raccolta poetica, si divide in momenti che qualsiasi persona incontrerà lungo la rotta.
Ognuno sa cosa significhi vivere dei giorni senza calendari, specie da quando è stato premuto il tasto pausa del telecomando della vita dell'intera umanità.
Le ore passano senza avere chissà quale connotazione e importanza.
La polvere si accumula sotto al divano sul quale si riposa da una stanchezza derivante dallo stare fermi e viene dimenticata agli angoli della stanza, la felicità non è altro che finzione senza spettatori pronti a bersi la messa in scena e le valigie si riempiono di ripetuti addii rimanendo per metà vuote e per l'altra parte piene.
In questo scorrere del tempo senza apporre segni sul calendario o senza voltare la pagina del mese appena trascorso, viene perso il senso del proprio io e una donna vestita di rosso appare come una lontana visione, ormai irraggiungibile.
Il rumore di una falena che sbatte incessantemente contro il vetro scottante di una lampadina riporta alla mente le delusioni di un amore che ha costretto, a lungo andare, a tradire se stessi, finendo per domandarsi che senso abbia la vita alla ricerca di un sentimento che spesso e volentieri illude.
L'orologio si è fermato, nonostante il tempo scorra e ci si avvicini ogni secondo di più alla morte, e nel frattempo non si comprende se si sta inseguendo una meta o si sta fuggendo da se stessi in quanto destinati a cadere tradendo il proprio io ancora una volta, come la falena che non si stanca di farsi del male per perseguire un obiettivo.
Tutto è privo di vita come i libri, ordinati secondo qualche misterioso criterio, sulla libreria che non vengono aperti e letti da nessuno e le aule, colme di sedie però vuote.
Apporre nuovamente il calendario alla parete, e non solo per celare la crepa della pareti usurate dal tempo, dipende dalla scelta di lasciare aperto il cancello o aprirlo e chiuderlo nuovamente come è solito fare il giardiniere e custode Pasquale.
Al giorno d'oggi per sognare ad occhi aperti basta posare le proprie dita su uno schermo e premere play per iniziare i sogni interattivi ispirati da alcuni dei più celebri videogiochi.
Chiunque, pur non avendoci mai giocato, conosce Super Mario Bros., Tetris, The Legend of Zelda o Pac-Man.
Ciascuna delle dimensioni composte da pixel e ciascuna delle missioni conseguite durante la partita, possono essere associate a realtà concrete che l'uomo comune vive ogni giorno.
Dopotutto ognuno di noi si è trovato, almeno una volta, a far fronte a vari problemi di differente peso e misura, che finivano per ammassarsi in un caos che non poteva più essere gestito se non ponendo la parola fine o a inseguire un obiettivo, dovendo talvolta ricominciare daccapo in seguito ad un errore di percorso.
La vita, però, continua anche senza salvare la partita.
Adesso è l'unica certezza che ci viene concessa, perché tra un secondo potremmo non esistere più come quel sogno che fino a poco prima di svegliarsi si ricorda come se fosse reale e poi svanisce nel nulla appena spalancate le palpebre.
E' necessario, alcune volte, scendere anche se non è la nostra fermata per smettere di venir inseguiti da ciò che prima cercavamo ardentemente.
Si vive in prospettiva del futuro e si finisce per sognare le bollette, i saldi senza zeri capaci però di azzerare tutto.
Allora per sentirsi vivi e parte di qualcosa è vitale possedere un oggetto o un progetto comune, condividerlo su una piattaforma che ci allontana ulteriormente dalla realtà facendoci però sentire vivi, esistenti.
Nel mentre, sono trascorsi otto minuti e gli spaghetti per la pastasciutta sono pronti e, ad essere bianca, non è solo la poltiglia di pasta al dente ma anche la propria vita.
NEL LIBRO
Erano giorni, luoghi
dove tu eri diversa,
non eri tu dicevi
anche se eri la stessa,
quella che non sei in vero
e che non sei per finta
nemmeno se per esserlo
ti sei impegnata al massimo.
LA MIA OPINIONE
Leggere poesie non mi ha mai entusiasmata, specie perché tra i banchi di scuola i versi venivano tagliuzzati in infiniti pezzettini, successivamente etichettati con una parafrasi che non lasciava spazio a interpretazioni strettamente personali e legate a un momento, un ricordo, un pensiero che può essere solo mio e di nessun traduttore di versi scritti a mano da una persona a sua volta con un'anima ed esperienze solo sue.
Non credo assolutamente esista un'univoca interpretazione di un gruppo di parole sistemate su una riga, denominata verso, e Lorenzo Foltran tra un a capo e l'altro permette al lettore di inserirci se stesso e il proprio bagaglio perso in aeroporto.
"Il tempo perso in aeroporto" ha girato la pagina del mio calendario ferma all'ultimo attimo felice e degno di nota, ha cambiato le pile dell'orologio da parete, coprendo lo spazio lasciato tra una crepa e l'altra della mia anima.
Nemmeno lo scrittore in persona potrebbe intuire quali ricordi ha rievocato in me con certe poesie, gli basti sapere che da oggi non cucinerò più la pastasciutta ma un bel piatto di pasta al sugo, perché la vita è a colori e di bianco possiedo solo le pagine del calendario da riempire.
IL MIO GIUDIZIO
Alla prossima recensione!
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